È una forma di allevamento diffusa soprattutto negli ambienti freddo-umidi di pianura, dove i terreni sono fertili e nei quali le coltivazioni esprimono al meglio le loro potenzialità grazie ad una migliore captazione della luce nella parte aerea con benefici sulla fotosintesi, sul grado zuccherino del mosto e sulla differenziazione a fiore delle gemme. Si tratta infatti di un sistema di allevamento a potatura lunga piuttosto espanso, con una bassa densità di piante/ha e che richiede disponibilità idriche e nutrizionali tipiche del nord Italia.
L’impianto Sylvoz risulta formato da un tronco verticale che prosegue come cordone permanente sul quale si inseriscono dorsalmente capi a frutto di 7-8 gemme, opportunamente distanziati tra loro (15-20 cm), che vengono piegati e legati al primo filo. Le viti si piantano a filari distanti non meno di 3 m e sui filari a non meno di 1,80-2 m. La forma definitiva si ottiene solo dopo il secondo e terzo anno, lasciando il più bello dei tralci ottenuti l’anno precedente e, a seconda del vigore della vite, portandolo all’altezza del secondo filo lasciando germogliare verticalmente le ultime 2-3 gemme e cimando a circa 40 cm quelle sottostanti. L’anno seguente il migliore dei tralci si piega lungo il secondo filo, potandolo a una lunghezza variabile con la robustezza della vite, facendo in modo che l’ultima gemma sia al di sotto del tralcio. Al quarto anno s’inizia la formazione degli archetti, per i quali si preferisce la gemma che si trova sulla parte superiore del cordone. Quando l’inserzione dei tralci fruttiferi si alza troppo dal cordone, si utilizza un pollone nato sul cordone stesso, speronato a due gemme. All’anno seguente, uno dei due tralci così ottenuti si piegherà ad archetto, eliminando del tutto il vecchio archetto.
L’elevato inarcamento del tralcio fa si che la produzione sia situata perlopiù nei germogli nati dalle gemme iniziali e da quelle finali. Al contrario, nella zona centrale, ovvero quella posta immediatamente dopo la curvatura, si verificano problemi nutrizionali legati alla scarsa disponibilità di linfa grezza, che portano ad avere germogli deboli e gemme cieche.
Nella zona del Prosecco, per ovviare al solito problema della vigoria, alcuni produttori hanno adottato un sistema Sylvoz bilaterale al fine di avere una vegetazione più equilibrata. In questo caso i due cordoni sono circa lunghi uguali e su ciascuno si trovano due archetti. In Friuli è diffusa una variante del Sylvoz, detta Casarsa, in cui i capi a frutto sono liberi e quindi non c’è il primo filo, la strutturazione è più semplice e la gestione meno onerosa in quanto i tralci non necessitano di legature.
Il Sylvoz garantisce produzioni elevate ma di qualità medio-bassa; è un impianto meccanizzabile che prevede però potatura manuale.